mercoledì, aprile 25, 2007

Leggede sarde Folklore 1


Le Streghe di Villacidro
Che sia albero, che sia di roccia,
che sia di mare,
il folklore di questa terra
è nel dna di tutti quelli che sono nati in quest’isola.

Zia Dora Buana faceva bollire il sugo per la pasta al forno in un grosso pentolone e girava tutto il composto con un lungo mestolo di legno.
Il sugo ribolliva e sembrava lava incandescente che emanava un saporito odore di ragù; il vapore si alzava in alto nella cucina producendo forme evanescenti che attraversavano il soffitto sparendo lontano.
Dall’ entrata n°5 di Villa Buana si potevano scorgere i monti di Villacidro un grosso centro che sta a una 30 di km da Sanluri dove vivo io.
Quegli stessi monti da poco innevati mostravano ora una rigogliosa e imponente vegetazione; se non fosse stato per Zia Dora che correva da una parte all’altra il mio sguardo si sarebbe perso tra quelle montagne e probabilmente si sarebbe uniformato al cielo e dall’alto avrebbe potuto osservare ogni cosa.
Uno spiraglio di luce passava attraverso la tenda e come se fosse la porta di un ricordo lontano cominciò a dischiudersi mostrando a chi poteva ricordarlo il suo contenuto.
In una noiosa lezione di botanica sui monti di Villacidro la nostra classe cominciò a perdere l’attenzione e ognuno prese l’esplorazione di quel posto un po’ per conto suo.
Durante il pranzo al sacco la professoressa con tra i capelli un foglia di Pungitopo ci invitò a non allontanarci poiché quelli erano i monti dove vivevano le streghe.
In meno di un secondo attirò la mia attenzione, tirai fuori il blocchetto per appunti e cominciai a scrivere quello che la prof diceva.
La mia penna scrisse Is Cogas.
Era un termine che non avevo mai sentito, poiché da sempre la parola in sardo usata per strega era bruxia.
Is Cogas, le streghe, avevano la coda, ma la tenevano ben nascosta sotto i lungi vestiti in modo che nessuno potesse riconoscerle.
Si cospargevano di grasso animale lungo le giunture delle ossa e attraverso sortilegi di oscura provenienza potevano invocare il demonio e trasformarsi in animali.
Potevano assumere le sembianze di un gatto e passeggiare tranquillamente per i tetti di Villacidro, potevano trasformarsi in mosche ed iniettare veleni mortali sulle persone.
Per questo i Villacidresi avevano rispetto per i ragni poiché questi catturavono le mosche killer nelle loro tele dissanguandole.
Le loro vittime predilette erano i bambini, Is Cogas erano incredibilmente invidiose delle madri che partorivano dei figli.
Tutta via qualcuno aveva trovato dei rimedi efficaci; come amuleti venivano usati il treppiedi per abbrustolire il pane, le scope e le seggiole rivolte verso l’alto.
Pareva che questa operazione annullasse il potere della strega che restava imprigionata per sempre nella sua trasformazione animale.
Qualcun' altro era a conoscenza dei cosiddetti Brebus, ossia antichissime e segretissime preghiere utili per allontanare il male.
Si racconta che i Brebus fossero tramandati dalle streghe stesse sfuggite a San Sisinio che riuscì ad eliminare quelle che potevano trasformarsi in mosche o serpenti.
Erano soprattutto le nonne a raccontare queste storie ai loro nipotini irrequieti che diffondevano questi racconti con gli altri bambini.
Il sole cominciava a nascondersi e quello spiraglio di luce si faceva sempre più sottile fino a svanire, la pasta al forno di Zia Dora era pronta da infornare e dei monti di Villacidro si poteva scorgere solo un oscura e gigantesca sagoma.
In quel momento mi resi conto che la prof di botanica stava facendo con noi la stessa identica cosa che facevano le nonnine con i loro nipotini; ma da qualche parte dietro a quegli alberi qualcosa poteva ancora esistere e se tutto questo fosse solo stata un’ antica invenzione per me non avrebbe fatto alcuna differenza.

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