venerdì, settembre 04, 2009

Velino

1997.
Indossavo felpe enormi che sembravo dei sacchi, i miei capelli nerissimi ricadevano sulle guance boccolosi e crespi e le mie sopracciglia assomigliavano ad una mezzaluna per affettare cipolle.

Niente a che vedere con il sofisticatissimo stile attuale e il culo a push-up degli ultimi anni.
Fortunatamente a quel tempo le fotocamere digitali erano poco diffuse e quindi non esistono tante foto che possano documentare quelli che furono i miei terribili errori sartoriali degli anni 90.


Eppure prima di essere uno Strego, un Principesso e uno Zitello io ero un Velino.

Per essere Velino non occorreva sculettare in tanga davanti ad una telecamera o farselo mettere dentro da un calciatore.

“Velino” era un appellativo che mi aveva dato mia madre quando dopo un attenta investigazione era arrivata alla conclusione che non poteva esserci sempre sciopero per la fame nel mondo.

Scopriva così che non entravo a scuola, marinando o bigiando le lezioni.

Questo tipo di tendenza sempre di gran moda in tutte le parti del mondo, qui da noi si chiama “Fare Vela”.

I primi anni di istruzione superiore non avevo un buon rapporto con la scuola, né coi professori e neppure coi miei compagni; avevo comunque un buon rapporto con me stesso.

Sapevo che Fare Vela non era solo un modo per saltare l’ora di matematica, di chimica e di educazione fisica.

Fare Vela era anche un esperienza che in qualche modo faceva diventare grandi, più consapevoli del fatto che quello era il momento giusto di infrangere le regole, poiché da grandi raggirare l’ostacolo portava a serie conseguenze.

Ovviamente per la riuscita di una buona Vela ci sono delle regole da rispettare.

Per prima cosa , che si tratti di Vela premeditata o di Vela decisa all’ultimo istante al suono della prima campanella non va mai fatta da soli.

Da soli il tempo non passa più ed si prova una sensazione terribile.

La maggior parte degli scolari che fanno vela da soli dopo poche ore tornano a casa farfugliando un scusa banale che porta sempre ad un apocalittico cazzettone.

Meglio essere un gruppo , sia per investire velocemente il tempo sia per costruirsi un alibi immediato nel caso si venga scoperti.

L’alibi deve essere comune e convincente, specie quando non si ha un telefono a disposizione per chiamare a casa.
Ottima scusa quando i cellulari non c’erano.

Ora arrangiatevi.
Nella cazzata da esporre meglio utilizzare una storia ben costruita , se è necessario inventare aneddoti, frasi o situazioni il più possibili vicine alla realtà.

Fare Vela per saltare un compito in classe è la cosa più stupida da fare.
Molti prof. convertono il mancato compito in interrogazione orale.
Ogni speranza di copiare è vana.

Regola delle regole; non farsi scoprire.

Conoscere le abitudini dei propri genitori non è sufficiente; attenzione a conoscenti, parenti e vicini di casa.
Restare nel proprio paese è un rischio.
I quel caso se non si dispone di un biglietto per un pulman che porti alla città più vicina i nascondigli più gettonati sono i pub,le piazzette e i ruderi di periferia.

Quando si fa Vela bisogna sempre sapere dove andare a nascondersi.

Per gli spostamenti atti all’acquisto di cibo o fuga di emergenza evitare di vestire in modo sgargiante
Ricordo che qualcuna di mia conoscenza indossava spesso una tutina fuxia che scintillava a distanza di chilometri.

Suo padre faceva il postino e per caso passava di li.
Ringrazio ancora quel portone aperto che ci ha permesso di lanciarci all’istante in un enorme cortile campidanese.


In ogni caso le motivazioni che portano uno scolaro a fare vela sono molteplici e non possono essere tutte elencate in questo fantastico blog.

Io personalmente odiavo il professore di chimica per la sua infinita e tipica stupidità da adulto saccente e il palese abuso di potere che esercitava sui suoi scolari.

Caro professore di chimica,
hai fatto di tutto per farmi bocciare, ma vedi quando si hanno dei nemici insidiosi, si hanno per forza anche degli alleati.

E’ questa era la materia in cui ero più bravo.

La mia compagna di Vela più assidua era Alevù, socialmente impegnata all’abolizione delle tre ore dedicate all’educazione fisica.

Ancora ricordo tutte le nostre mattinate barricati in birreria o nascosti nel giardino del convento arrampicati su qualche albero perché non riuscivamo più a scendere.

Molti personaggi si sono intervallati durante queste giornate .

C’era chi non voleva essere interrogato o fare il compito in classe.
C’era chi doveva vedere di nascosto il fidanzato.
C’era chi aveva bisogno di staccare o semplicemente odiava i suoi compagni.
C’era chi voleva fumare di nascosto o non aveva semplicemente voglia di fare nulla e c’era chi voleva fare Fotting….