giovedì, ottobre 11, 2007

Zucca vuota


La zucca in ceramica arancione mi osservava ed io osservavo lei.
In quel momento mi resi conto che avevamo qualcosa in comune; tutti e due avevamo la testa vuota e all’interno non avevamo nessuna luce che animasse il nostro sguardo.
La notte la mia testa assomigliava ad un nido di vespe e continuavo a rigirarmi nel letto senza mai trovare una posizione comoda.
Neppure la doppia camomilla era riuscita a sedarmi.
Il mattino seguente l’unica consolazione era lo strudel alle mele che ogni giorno mia madre mi comprava dal panificio.
Ero stanco, stressato, demotivato e stufo.
In tutto questo periodo ero stato dedito al lavoro e ai miei disegni col risultato che ero spremuto di ogni energia.
Sono troppo pigro per togliermi il pigiama ad andare in farmacia a comprarmi degli integratori o ad andare dal medico a farmi prescrivere qualche antibiotico visto che ho pure le placche alla gola.
Più le giornate sono limpide e calde più io le rifiuto in quanto le considero una insipida imitazione dell’estate.
Dentro di me c’era come una voce che mi diceva di fare qualcosa di pazzesco ed estroverso.
Non farlo significava restare ingolfato con un conseguente blocco di passioni.
L’anno scorso per Halloween avevo già deciso tutto; il locale, il costume, le foto per il blog e addirittura avevo formulato un simpatico oroscopo.
Quest’anno sono una zucca vuota e nel mio vagare nello ciberspazio ho scoperto che la Sardegna conserva una festa simile a quella anglosassone.
Sebbene Halloween sia sempre la più famosa, perché tutto quello che fanno gli inglesi è sempre fico, esistono anche altre feste dei morti.
Pare che da noi esista una festa chiamata “ is animeddas” o “ is mortus” cioè la festa delle piccole anime o dei morti.
Sono sempre i bambini che si recano nelle case a chiedere dolcetti o regali per i morti e per le anime del purgatorio.
I bambini ricevevano infatti pabassinas, ossus de mortu, pani de sapa e frutti, specialmente noci, arance, mandarini, e l’immancabile melagrana, da sempre frutto simbolo dei morti.
Naturalmente non si usava la formula dolcetto o scherzetto.
La formula richiesta cambiava di zona in zona; nel sud Sardegna i bambini dicevano “seus benius po is animeddas” o “mi das fait is animeddas”, nel centro “su bene de sas ànimas” o “carki cosa po sas ànimas”.
Con mio grande rammarico non viene citato nessun tipo di travestimento o maschera ecco perché non rimpiango i tempi antichi