domenica, maggio 24, 2009

Lady Pamoy; la genesi

Erano le 9 del mattino quando al mio risveglio aprivo la tapparella e meditavo il suicidio.

Il sole era accecante e il mio unico desiderio era quello che tornasse la pioggia.
L’estate era arrivata tutta d’un colpo e gli uccelli in preda ad attacchi di diarrea, avevano ripreso ad imbrattare vetri , finestre e macchine.

L’ estate mi piaceva solo al mare, per il resto, anche se di buon cuore, io restavo una creatura crepuscolare.

Oramai non era più un mistero; odiavo il lavoro.

Il solo pensiero mi procurava varie evacuazioni, mal di testa, abbassamenti di pressione, difficoltà visive e una riduzione netta del 10% del mio ovale.

Mia mamma, che come tutte le madri aveva i super poteri, alle 9 e dieci del mattino mi costringeva a venire con lei da Vestis pensando che questo mi avrebbe tirato su il morale.
Invece ero super depresso, con la voglia di comprarmi tutto senza che mi piacesse niente.
Poco dopo anche mia madre mi scaricava.

Mi ritrovavo a vagabondare per il paese insieme alla mia macchina Cleo ritrovandomi da Brico.

Era qui che tra uno scaffale di decoupage e uno per l’arredo bagno ritrovavo la luce.

Erano li, disposte in fila, delle tele bianche che aspettavano che qualcuno le comprasse per riempirle di colore.

Dopo tutto, perché dovevo comprare dei quadri per la casa nuova se potevo disegnarmeli io?

Di solito, tali quadri avevano dei bei colori, ma in realtà erano fatti davvero male, e peggio ancora, erano carissimi.

Io avrei potuto disegnare tutto quello che volevo, sarebbe stato unico e originalissimo.

Finalmente sentivo quel 10 % di ovale perduto tornare su con un sorriso.

Mentre mi avviavo a casa mi rendevo conto di aver speso 30 euro di colori acrilici.

Non avevo mai usato i colori acrilici; erano anni che non dipingevo, in quel momento ero in modalità scintillio, tutti i sistemi vitali erano ripristinati.

Ovviamente dovevo riprendere la mano coi colori e quindi avevo comprato una tela per esercitarmi.
Non vedevo l’ora di mettermi li a disegnare tazze, tazzine e caffettiere per poi colorarle coi colori più eccentrici.

E invece no, prepotentemente dalla matita veniva fuori uno dei miei centinaia di alter-ego.

Più precisamente quello che fu la genesi di tutto, la genesi di ogni cazzata, la genesi di ogni situazione bizzarra; Lady Pamoy.

Lady Pamoy o Lady Satin nacque tra il 1995 e il 1996 quando per la sfilata di carnevale che si teneva a San Gavino convinsi tutti ad assumere la maschera di allegre anzianotte.

Perfino Zia Dora non poté resistere ad un simile travestimento; inoltre la maschera con il pizzo davanti consentiva un anonimato senza precedenti.

Zia Dora, da sempre piuttosto alta si era armata di clava gigante che utilizzava per picchiare in modo totalemente gratuito chiunque si trovasse nella sua strada.

Rabbrividisco ancora al pensiero di quando vidi quella simpatica clava finire sulla testa di un noto e violento pusher che si limitò a lanciare uno sguardo omicida.

In realtà Lady Pamoy aveva poco di una signora anziana.
Aveva un vestito viola e lilla tempestato di lustrini ( nel disegno è diverso per esigenze di arredo) che gli era stato gentilmente prestato dalla vicina, Signora Tayna, una parrucca color rame , una strana retina sui capelli con tanto di gemma, una collana di mia mamma degli anni 70 e un paio di scarpe in vernice con tacco basso.

Ancora lo ricordo quando in cima alla scala posizionai le casse dello stereo e cominciai a scendere a ritmo di Enya ( Caribbean Blue).
Zia Dora e gli altri 2 sfigati furono costretti ad assistere alla mia discesa scoppiando a ridere.

Fu in quel momento che Zia Dora disse che non ero mascherato da anziana, ma da puttana.

Ricordi lontanissimi si sovrapponevano come se fossero strati e strati di colore.
Ancora una volta, per un millesimo di secondo avevo l’impressione e la presunzione di capire ogni cosa.

La base, il fondo, la parte bianca della tela, il disegno a matita era sempre lo stesso e immutato, stava a noi dare il colore, pennellata dopo pennellata.

Non davo niente per scontato, desideravo soltanto andare avanti.