martedì, giugno 19, 2007

il desiderio del mare


Supino sul materassino strofinavo la pianta del piede sulla cerniera della tenda e chiedevo a Filayppo Von Fustemberg se questo equivaleva a masturbarsi.
Il mio frenetico week-end in campeggio si stava rivelando più rilassate del previsto ed io non avevo nessuna intenzione di uscire da quella dimensione di non curanza.
Quando mi allontano da casa la mia mente non mi segue mai.
Lei continua a spaziare in altre dimensioni del mio passato e improvvisamente riaffiorano in me episodi dimenticati di quando ero bambino.
La notte era arrivata improvvisamente e i grilli avevano cominciato il loro concerto.
Il vento portava via foglie di alloro, tutto questo, ovunque io fossi, non era mai cambiato nel corso degli anni.
Ripensavo a quanto sarebbe stato bello da bambino venire in campeggio e andare ogni giorno al mare, ma i miei genitori erano troppo radicati in casa per affrontare questo stile di vita.
Credo che avrebbero potuto fare uno sforzo e mostrarmi un mondo diverso, forse anche io avrei sviluppato un’altra mentalità, forse avrei avuto una percezione diversa di quello che mi stava attorno e forse anche io avrei avuto una mente più propensa agli spostamenti.
Nonostante sia figlio unico mio padre non mi ha mai eccessivamente viziato; mi ha detto molto spesso di no restando fermo su le sue decisioni avvolte non avendo neppure ragione.
Alla fine è stato un bene perché sarei diventato un bambino stupido e superficiale, ma intanto è rimasto in me il desiderio del mare.
Dopo gli undici anni rimasi completamente solo.
Tenevo particolarmente al mio amico G. con lui facevamo i percorsi ad ostacoli con la bmx, entravamo a visitare le case in costruzione e facevamo le gite in campagna.
Ricordo che un giorno G. sparì.
Andavo ogni giorno a chiamarlo, ma sua madre mi rispondeva sempre con un meraviglioso sorriso che non era in casa o che stava facendo qualcos’altro.
Solo più tardi scoprì da un latro amichetto che sua madre non voleva più che G. giocasse con me.
Lo so.
Ero un bambino particolare, ma non per questo malato o cattivo.
Questa signora aveva paura della mia cattiva influenza aveva paura che G. venisse traviato in chissà quale strada.
La fine di questo racconto è che ora G. si impasticca di brutto, sniffa Dixan e finge davanti a tutti di essere un bravo ragazzo.
Ma l’occhio non mente, ne di chi si droga, ne di chi guarda.
Erano solo ricordi inutili, erano cose alla quale avevo spesso di pensare da tempo.
Il vento si era calmato, ma potevo sentire in lontananza il rumore delle onde; anche se il materassino era un pò scomodo per una notte avrei realizzato uno dei miei sogni di bambino.