giovedì, luglio 17, 2008

il tetro abbandono

Credo che esista una sensazione che possa eguagliare la paura che si ha verso la morte.
Questa sensazione è l’abbandono.



Era l’estate dei miei 14 anni ed aspettavo il mio amico di sempre seduto sulle scale di un vecchio casolare .
Era il mio migliore amico, era sempre puntuale e mi salutava da lontano non appena compariva all’orizzonte.
Per me lui era un punto di riferimento importante, era intelligente e bravo a scuola, tutti lo rispettavano e tutti lo tenevano in grande considerazione.
Quel giorno le lancette dell’orologio scorrevano lente e segnavano l’ansia sul quadrante del mio cuore.

Dieci minuti, un quarto d’ora, mezz’ora, tre quarti; non arrivò.

Allora non esistevano i cellulari e quindi tornato a casa lo chiamai; disse che aveva avuto un contrattempo e che non aveva fatto in tempo ad avvisarmi;qualche ora più tardi qualcuno mi rivelò che si trovava in piazzetta assieme ad altre persone.

Lo chiamai la settimana successiva, quella dopo e quella dopo ancora e ogni volta lui trovava una nuova scusa; puntualmente quando mia mamma mi portava a fare un giro sulla Uno lo ritrovavo nella solita piazzetta con i soliti nuovi amici.

Allora compresi.

Piansi.

Lui non lo seppe mai, ma io gli tolsi il saluto per sempre.
Ancora oggi quando lo incontro adoro incrociare il mio sguardo col suo, al solo fine di distoglierlo, con infinita superbia, dall’altra parte.

In quel periodo un gruppetto di persone si divertiva a mettere in giro strane voci su di me.
Molti di loro, forse tutti non scambiarono mai una parola con me.

Non erano di certo le malignità ad addolorarmi; ciò che mi faceva male era il fatto che nessuno mi difendesse, il fatto che nessuno mettesse una buona parola per me.
Quelli che credevo miei amici si limitavano solo a riportarmi certe voci forse nella viva speranza che io non le confermassi.

Non avevo nulla da confermare; erano veramente cazzate.

La voce più accreditata era un’orgia tra ragazzini dove ovviamente io ero il protagonista.
I miei interessi in quel periodo erano unicamente rivolti ai manga e al modo di ottenerli visto che molti di questi arrivavano solo a Cagliari .

C’era ovviamente qualcuno più sviluppato di un altro che non pensava ad altro che alla figa e che consigliava agli altri amichetti che era buona cosa farsi una dose quotidiana di seghe al fine di sviluppare il pene e renderlo idoneo alla prima volta.

Un giorno proprio questa persona venne presa dal panico e dai sensi di colpa e fece una confidenza scioccante ad un suo simile.
Quando si venne a sapere che una sera ci fu una masturbazione di gruppo tra vicini di casa “le colpe” ricaddero su di me che ero veramente la persona meno incline al sesso.

(Definizione di masturbazione di gruppo; ognuno si masturba il suo. Stop.)

Quando questa cosa, ingigantita con minuziosi particolari, diventò di dominio pubblico ovviamente fui eliminato da quello che io oggi chiamo Il Branco.

Piansi.

Non lo seppero mai, ma io persi definitivamente la fiducia verso il mio prossimo.

Non solo non ero stato difeso da chi era mio amico ed era presente, ma ero stato esiliato perché quella era l’azione che poteva discolpare tutti gli altri e attribuire la pena ad un unico colpevole.

Ed anche se fosse stato tutto vero , anche se fossi stato la Melissa P. del 1994 di che cosa ero colpevole?

Una volta mentre rientravo a casa alle 8 per vedermi i cartoni animati che trasmettevano su rete 4 incontrai dall’altra parte della strada Il Branco.
Al mio passaggio cominciarono tutti ad applaudire in segno di scherno.

Falsi, bastardi, codardi.

Ero solo loro erano almeno in dieci.
Ero un bambino di 14 anni che correva a casa perché non poteva assolutamente perdere il nuovo episodio del suo cartone animato preferito.

Ero un bambino, ma col carattere di mio padre.

Non avevo paura di loro.
Li conoscevo benissimo, ne conoscevo pregi e difetti, ma loro non conoscevano me.
Mi voltai, feci qualche passo verso di loro raccolsi una grossa pietra.
Immaginai di essere una star, un famosissimo disegnatore di fumetti, immaginai di trovarmi su un palco e feci un inchino.
Ne rimasero spiazziati.
Qualcuno rise in maniera isterica qualcun’altro scimmiottò il mio gesto, ma nessuno disse veramente qualcosa.

Mi voltai, buttai la pietra dentro un giardino; a casa il mio cartone animato era appena cominciato.

Piansi.

Mi sentivo solo, triste, umiliato ed abbandonato, ma peggio mi sentivo tradito.
Nessuno mi telefonò, nessuno venne a cercarmi o a chiedermi come stavo.

Diventai poco incline a dare fiducia alla gente e cominciai a selezionare con minuzia le persone compatibili con me.
Diventai progressivamente più forte.

Non lo seppero mai.
Il mio ex migliore amico è un drogato e questo lo sanno tutti.