martedì, ottobre 21, 2008

Oggi Sposi!

Osservavo il grosso pallone posto alle mie spalle.
Come avevano fatto ad infilare i palloncini a forma di cuore al suo interno?

Per tutto il pranzo nuziale, tra una portata e l’altra era questo il quesito che mi tormentava.
Di certo non potevo immaginare che io e il pallone dell’amore avevamo qualcosa in comune.

Ero troppo concentrato a capire come funzionasse la mia nuova macchina digitale che fino a quel momento aveva dato vita solo a foto sfocate e scure.

Zia Dora insolitamente tranquilla e composta non dava segni di voler commettere nessun atto terroristico, eppure in qualche modo la sua presenza era una grande consolazione in un ambiente che quel giorno mi appariva ostile e selvaggio.
Quella giungla che avevo abbandonato tanti anni fa si riproponeva nel tavolo accanto.


19/10/2008

Il grande giorno era arrivato.
Finalmente potevo aprire il forziere dentro al mio armadio e tirare fuori la mia finta camicia Alessandrini (made in Italy), il mio jeans di Dolce, le mie scarpe Bikkembergs e le mie mutande e borsalino (alias cappello) di Armani.

Alle dieci eravamo già tutti pronti, la sposa, mia cugina Sea (o Ale) era impegnata in un servizio fotografico tutt’altro che verginale con tanto di pose da diva che ricordavano Madonna nella sua versione Like A Virgin.

L’abito che faceva risaltare gli ultimi ricordi di abbronzatura, era una graziosa nuvola di panna montata che sorreggeva un elegante bustino; a completarlo c’erano orecchini abbinati ad un filo di perle.

I capelli della sposa, acconciati a boccoli, erano meravigliosi, lucidissimi e neri come il Merlo Parlante che stava fuori nella strada, in pole position, in attesa che mia cugina facesse la sua comparsa fuori dal cancello.


Io ero come un alieno, non capivo il significato del matrimonio, ma infondo mi piaceva tutto.

Ero colpito dai dettagli; dagli abiti sartoriali, dalle bustine di zucchero a forma di cuore, dalla cravatta dello sposo, dai sacchetti di riso sparsi per la chiesa e dal il libretto per l’omelia personalizzato che avevo provveduto subito ad infilarmi nella borsa Guess.

Anche Merlo Parlante osservava con attenzione tutti i particolari, talvolta mi sorrideva e parlava con me, ma appena mi voltavo Zia Dora lo sorprendeva a lanciarmi occhiate di disgusto.

Durante la messa il prete si era divertito ad allungare l’omelia che era prevista nel libretto con le coccinelle e non si era risparmiato nel dare consigli matrimoniali agli sposini.

L’audio sulla sua voce era pessimo ed aveva un effetto soporifero sulle persone che stavano dietro le prime bancate e si limitavano a sorridere.
Io cercavo di far funzionare correttamente la macchina digitale , talvolta producendo suoni che si diffondevano per tutta la navata.

Il pranzo si svolgeva intervallato con i classici ippip urrà e la mia più grande trasgressione fino a quel momento era essere presentato alla commercialista di Zio Paolo.

Ero annoiato e contenuto.
Mentre tutti ballavano me ne stavo seduto da parte a mandare sms , dopotutto quella non era la mia festa e l’importante era che i due sposini si divertissero.
Io aspettavo la sera , quando avrei abbandonato il mio jeans di Dolce sulla poltrona e sarei andato da Alevù a fare la nostra solita degustazione di tisane accompagnata da un marea di cazzate.

Intanto, Alevù, per consolarmi mi mandava un sms dove diceva che mi sarebbe rimasta sempre accanto e che mi avrebbe tenuto per mano anche quando avessi deciso di farmi la mia prima iniezione di botox.

Ero talmente rapito da questo pensiero da essermi perso il lancio del bouquet!

Era troppo!

Volevo essere li, ero veramente incazzato!

Ero combattuto tra il richiamo della pista da ballo e il pensiero di tutta quella atmosfera Sanlurese, di tutte quelle persone che mi ero lasciato alle spalle e che per tanto tempo non avevano fatto altro che giudicarmi.

Dopotutto erano i loro amici, io ero solo un parente.

Il mio jeans di Dolce, le mie scarpe Bikkembergs e le mie mutande e il borsalino (alias cappello) di Armani potevano farti sentire bellissimo .
Era questa la meravigliosa illusione che mi stava imprigionando; ero, in realtà, molto più di questo.


In quel momento davanti a me faceva la sua apparizione mia Zia Ignazina, madre della sposa, mi porgeva tra le mani un grosso nastro bianco sorretto da un enorme pallone con dentro altri palloncini a forma di cuore rossi e bianchi.

“Vai dove stanno ballando e quando sei vicino agli sposi fallo scoppiare.”

Non capivo se in quel momento si fosse innescata una strana magia o se si fosse rotto un sortilegio, ma con il nastro in mano trascinavo la piccola mongolfiera percorrendo a tutta velocità i trenta metri che mi separavano dalla dancefloor.

La folla si diradava al mio passaggio, lo stuzzicadenti era già tra le mie mani e nel giro di pochissimi secondi il mega pallone esplodeva con un grosso BOOM liberando tutti i cuoricini e facendo sobbalzare Merlo Parlante che era voltato di spalle.

Anche io ero esploso, scaraventato il costosissimo cappello di Armani sopra la testa di una zia ansiosa di provarlo l’ ho sostituivo con una parrucca biondo platino strappata dalla testa di qualcuno.

Ero io , ero risorto!

Tutti i miei buoni propositi di stare buono erano appena stati ingoiati assieme ad un bicchiere di Martini che avevo tracannato pensando che fosse una Sprite.

A quel punto dando spettacolo di tutti i balli più strani, improponibili ed improbabili sperimentavo pose egizie e indù pasticciando i miei balli con stereotipate movenze hip hop completamente scordinate.

Anche se non si conosceva un ballo nessuno poteva impedirti di muoverti, bastava seguire la musica!

Tutti mi guardavano con curiosità si avvicinavano a salutarmi (Rickyyy!!!) e si univano ai miei balli da puttanella impazzita; non capivano se ero ubriaco o facevo sul serio.

Qualcuno diceva che ero guasto , ma immediatamente mio Zio Paolo mi difendeva dicendo che ero il più figo di tutti.

Indimenticabile il mio struggente tango con lo Zio di Rain che a sua volta indossava una parrucca che lo faceva sembrare una tozza Pocahontas.

Ancora, il trenino formato da un nutrito numero di persone sembrava l’espresso per Lourdes e i balli di gruppo erano totalmente sbagliati.

La scatenata Mazurca con Zia Mary e la Baciata con mia cugina Dory che avrebbe fatto sgranare gli occhi a quelle due seghe viventi di Kledi e Anbeta.

Un’ altra “Sprite” e le ragazze di Nonèlarai non erano più un ricordo.

Era un vortice fantastico di mani, gambe, culi, cazzate e risate; in un bagno di sudore si concludeva la parte più pazza del matrimonio.

Fu in quel momento che vidi mia cugina Sea abbracciare il suo amore.
Era felice ed era radiosa ed io capivo molte più cose.

Era come quando in chiesa in preda all’ansia e all’agitazione di quella promessa aveva cercato la mano di Luca e l’aveva trovata.

Non era sola.

Aveva vinto e per dimostrare che le favole esistevano c’era tutta la vita.